Oggi ho realizzato che mi manchi. Non ieri, non qualche
giorno fa, mai in nessun momento degli ultimi tre mesi. E’ strano a ripensarci
adesso. Non ho mai considerato che dovessi o potessi mancarmi, non ho mai
pensato a te in questi termini. Ti manca ciò che non c’è ed ero così impegnata
a rendermi conto che davvero non c’eri da non lasciare che le conseguenze
di questa semplice osservazione potessero arrivare al mio cervello. Ora ci sono
arrivate, senza che la logica del causa/effetto facesse rumore: ci sono
arrivate con la stessa spontanea facilità con cui, malgrado tutto, malgrado te,
continuo a respirare.
Oggi, solo oggi, ho realizzato che mi manchi.
Capita una cosa strana quando la vita, senza colpa e impronunciabile,
si esibisce nella sua forma più misteriosa, la morte. Capita che il sentimento
si riduca all’essenziale: il dolore, l’amore. Per settimane non c’è stato
spazio per altro. Il dolore e l’amore, entrambi incoscienti, sconsiderati. E
quindi no, non c’era spazio, né d’altronde avevano importanza, il senso del
mancamento, il rigore e le abitudini, l’immaginazione, la malizia, l’invidia,
il possesso, la vanità, le nostre insipide miserie né le superbie. Solo il
dolore per te che non sei più. E l’amore, sorprendente, di chi scoprivo avere accanto, con strette a forma di braccia, di parole o di bocconi condivisi
alla mia tavola.
L’orizzonte dei sensi e dei sentimenti si allarga a poco a
poco, riacquista per primi i sorrisi piccoli e le allegrie cui non pensavo più e,
senza che ne sia stata veramente cosciente, è arrivato a te, quest’orizzonte
che era strettissimo attorno al dolore. E arrivato a te, che mi manchi.