È sempre lui. Nella vita pendolare di chiunque non mancano personaggi bizzarri e sono convinta che esista un’accurata bibliografia in proposito. Questo qui in particolare credo potrebbe occupare di diritto le posizioni più alte in un’ipotetica classifica di disadattati viaggianti, quanto meno in quella stilata da me.
È un ragazzo giovane, con una gran matassa di capelli scomposti e l’andatura traballante di chi pare aver imparato a camminare dieci minuti prima. Ci salutiamo ogni giorno, per via di quella solidale consuetudine che sollecita l’educazione tra quotidiani compagni di viaggio.
Mi sono convinta che sia sostanzialmente innocuo, nonostante io con questo ragazzo abbia un problema concreto: qualche tempo fa si è seduto accanto a me e mi ha chiesto per favore se potevo levarmi le scarpe. Perché voleva vedermi i piedi. Perché gli interessano i piedi e i miei, poverini, se ne stanno sempre chiusi dentro agli stivali o al massimo in un paio di ballerine semichiuse che poco spazio lasciano alla nudità dell’epidermide. Ed è un peccato, mi dice, a lui i piedi piacciono tanto.
“Fammi solo guardare” mi dice “prometto che non faccio niente”. Confusa dall’approccio resto senza parole e balbetto a fatica un “preferisco di no, grazie”. Il “grazie” mi è uscito così, sono educata e c’è da dire che un complimento ai miei piedi è una cosa talmente rara che la lusinga ha avuto per un attimo il sopravvento. Io non li ostento mai i miei piedi: sono goffi e sgraziati, ho le ditina tozze, quasi quadrate, evito accuratamente infradito e sandali gioiello. L’estimatore del treno non può saperlo questo e si limita a fantasticare intorno ai lembi di pelle vicini alla caviglia che le ballerine lasciano esposti. E mi guarda i piedi sempre. Ogni giorno io salgo sul treno, sul solito vagone, lui mi saluta e abbassa gli occhi per controllare che scarpe indosso. Poi si fa due passi fino al mio sedile per dare un’altra occhiata, si sofferma se vede ballerine, si allontana deluso quando porto gli stivali.
Non so che dire. Preferirei se mi guardasse il culo.