mercoledì 27 maggio 2009

Periferica

Non sarei ciò che sono (ovvero ciò che esce dai post Vanity Fair o dell'Autoreferenzialità) se non fossi cresciuta nelle basse periferie torinesi. Sì, è una dichiarazione: se a qualcuno fosse sfuggito, nasco tamarra. Poi mi sono iscritta al liceo e sono persino finita a studiare lettere all'università, dove mi sono data una rinfrescata, adottato travestimenti multipli e assunto quest'arietta snob che va tanto di moda. Ma vado fiera di aver ballato al Naxos, di aver indossato tutte le magliette optical bianche e nere con le margherite in voga nel 1996 e di iniziare spesso, ancora oggi, la maggior parte delle mie locuzioni mentali con un direttissimo minkia. Ho fatto le medie in una scuola che rappresentava, nei prima anni Novanta, il refugium peccatorum di tutti i pluribocciati della città. Quando io facevo 1^ c'era gente di 17 anni che faceva 2^ e che spacciava all'uscita. In quella scuola san valentino caccia al primino era una cosa seria e il bullismo esisteva davvero, anche se non era ancora venuto nessuno a codificarlo come tale. E parlo di bullismo al femminile, in parte subito, con tanto di pestaggio al ritorno da scuola ad opera di tal Jessica o Samantha o Debborah (come minkia si chiamava?) cui stavo evidentemente sulle palle, ma anche di bullismo inflitto, con tentativi di intimidazione più che altro verbale ai danni di una primina di nome Elena e della sua amica Lucia. Però, con questa faccia qui, ero poco credibile come bulla e la mia vocazione all'illegalità adolescenziale ha incontrato per necessità una precoce repressione. Avrei voluto coltivare diverse forme di delinquenza, ma un naturale istinto di autoconservazione, unito a certi atavici timori per l'autorità, in parte veicolati nei cortili dell'oratorio dal severissimo don Giacomo, buonanima, mi ha trasformata nel tempo in una petulante secchioncella. Sia chiaro che i compiti li passavo sempre, ho distribuito tonnellate di fotocopie di appunti e come tarra coltivavo segrete passioni per il Tony di turno, che sfrecciava nell'isola pedonale con il Ciao truccato e speravo vanamente di conquistare con le equazioni di secondo grado. Insomma, nasco potenzialmente sporca brutta e cattiva e divento la noiosa prima della classe, con buona pace della sociologia. Una sorta di decorso post-operatorio: che ne sarà della biondina della 1^E una volta diventata grande nella pancia della periferia? Che ne sarà non lo so, fatto sta che ho sempre pensato che 'cazzo vuoi?, usato come intercalare, sia un'espressione estremamente liberatoria.

[ho recentemente scoperto che Gabriele Vacis, alla mia periferia - che è anche la sua stessa identica periferia -, ha dedicato un documentario molto premiato che s'intitola Uno scampolo di paradiso e che invito tutti a vedere]


4 commenti:

ndr ha detto...

il castagnaccio meritava. sìsì. direi che Bradbury, nella citazione che hai messo, mi copia. In parte, è ovvio. Io sono molto più avanti, almeno uno dei miei me è avantissimo. Eh. Tanti commenti tutti insieme sul mio blog non li avevo mai visti, o non mi ricordo. Grazie. Mi sa che ero già passato da queste parti. Ummmm. Sì. E chi sa come mai non sono più tornato. A volte faccio di queste cose, uff. Comunque, mi sono dilungato abbastanza senza dire niente, no? Meno male che hai commentato, così da lì posso tornare qui. Son cose. Grazie ancora. Ciao.

ndr

Canemacchina ha detto...

Conosco molto bene tutti gli intercalari delle periferie sabaude, lo slang siculo-pugliese
Mai rinnegare le proprie radici :)

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
ndr ha detto...

In terza media, nella mia classe, c'era un maggiorenne. Un'altra invece aveva 17 anni. Il primo, bocciò. L'altra credo la passarono, non ricordo più. Quello sopra dev'essere uno dei miei primi commenti. Il primo chi sa dov'è...mah.