una volta, molto tempo fa, qualcuno mi disse:
"mich, tu non hai un cuore,
hai due cervelli;
certo può essere che uno dei due
si trovi al centro del petto
ma non ci giurerei"
lì per lì mi sembrò un complimento
domenica 25 settembre 2011
domenica 18 settembre 2011
Mi fa male la faccia
Da qualche tempo ho una malattia
della pelle. Avete presente? Certo che avete presente, ma pensate, con torto,
che se avete superato indenni i 17 anni la cosa non vi riguarderà mai più. Lo pensavo
anch’io. Finché ho dovuto arrendermi all’evidenza: brufoletti, pustoline e
vescichette, di presenza periodica ma regolare in punti ben precisi della mia
faccia, non potevano essere legati all’alimentazione, né all’abuso di sostanze
irritanti per il fegato, fritture, alcool né salami. No. La diagnosi me l’ha
fatta il medico: acne microcistica mentoniera. Che significa che la curva tra
mento e collo, sulla mia faccia, è al momento ricovero di infiammazioni
piuttosto bruttine e, soprattutto, molto dolorose. Perché quello che forse
nessuno sa o fatica a ricordare è che il problema non è solo il simpatico
brufolo, né la cicatrice che il suddetto lascerà, quanto il senso di bruciore,
prurito e dolore che ti accompagna per giornate intere. Ammesso che a qualcuno venga
voglia di fare cheek to cheek con me, non potrà farlo senza che l’irritazione
mi punga le guance, costringendomi a ritrarmi sofferente.
L’acne a 30 anni risponde
probabilmente a qualche oscura legge del contrappasso ed è possibile che io
stia espiando qualcosa, anche se mi sfugge cosa. Forse solo la vanità.
Al momento sto affrontando il
problema con tutte le armi che la scienza mette a mia disposizione e sono in
cura presso una dermatologa, un’omeopata, un maestro yoga e un parrucchiere.
La dermatologa dice che si tratta di sbalzi ormonali molto comuni e mi ha prescritto cremine, unguenti e detergenti che mi stanno decomponendo: i risultati ci sono ma gli effetti collaterali comportano la perdita della pelle a squame. Scommetto che la peculiarità dell’immagine vi sta provocando una piccola smorfia tra il disgusto e il pietoso. Anche a me.
Per questo frequento pure un’omeopata, che dopo avermi fatto 60 minuti esatti di domande molto personali ha decretato che si tratta di stress e mi ha invitato ad assumere granuli, gocce, fialette. Tre volte al giorno, ma qualcosa a giorni alterni, solo la sera, 15 minuti prima dei pasti, alternando le palline sotto la lingua. Combatto quindi lo stress con una cura che mi impone sforzi mnemonici molto stressanti. Ma la pazienza è virtù che mi appartiene e giungerò in fondo alla terapia.
Il maestro yoga ha invece notato che pendo leggermente verso sinistra mentre faccio la verticale poggiata sui gomiti, in una posizione che si chiama calamba shirsasana. Da questo ha diagnosticato uno squilibrio interno ai miei chakra e mi ha imposto cicli di meditazione e controllo della respirazione. Quando resterò dritta come un giunco in equilibrio sulle ulne mi tornerà la pelle di pesca, è scientifico.
Tra tutti i miei medici, del fisico e dell’anima, quello che mi dà più soddisfazione è comunque il parrucchiere, che ha deciso di curarmi con massaggi cranio facciali e impacchi restituivi alle doppie punte.
venerdì 9 settembre 2011
Le transenne
Una delle due non ha
sedici anni.
Una delle due biondine di
spalle dico. Una delle due dovrebbe aver smesso da qualche tempo di perdere il
sonno sulla versione di latino, sul ragazzo della migliore amica e sulle
equazioni di secondo grado. E invece capita, talvolta, che senza preavviso, in
una sera qualunque, i sedici anni tornino e facciano compagnia. Senza timori
nostalgici, soltanto con la loro energica intuizione di vitalità. Non dirò di
come le due sedicenni, la vera e la falsa, si siano trovate una sera di
settembre al concerto di Avril Lavigne; né dirò di come le due suddette,
titolari di un biglietto con pregevole posto numerato, abbiano invece
scavalcato le transenne per correre a perdifiato giù, fino al parterre; né,
naturalmente, di come le due, ma soprattutto una, per esperienza maturata sul
campo, sia riuscita a ottenere dalla security, con un onesto frullio di ciglia, che le
lasciasse passare, per arrivare sotto al palco. Né dirò della maglietta, delle
foto sceme davanti allo specchio, degli autoscatti con le boccacce.
Dirò solo che una delle
due non se lo ricordava più di quanto scavalcare le transenne fosse esaltante.
L’attimo in cui, un piede via l’altro, si sale e ci si ferma per un secondo a
cavalcioni per poi balzare giù, consapevoli, dall’altra parte, concede istanti
di preziosa euforia. Istanti in cui senti l’equilibrio dai talloni fino alle
cosce e, anche se ti accorgi che non è stabile, quell’equilibrio, ti fidi lo
stesso dei tuoi passi e salti, mentre l’apnea di quei minuti lascia il posto a
un respiro prepotente.
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