lunedì 22 febbraio 2010

Pari opportunità di fare buchi nei muri

Mi hanno regalato un trapano. Non c'è niente da ridere. Un trapano ha una sua dignità. Tanto per cominciare è utile. Puoi fare buchi a piacimento, puoi irritare i vicini di casa, puoi tassellarci tutte le mensole che vuoi. Vien voglia di mettere le mensole anche ad altezza ginocchia, tanto per vedere come funziona.

Il fatto che una fanciulla dall'aspetto angelicato e inoffensivo quale io sono abbia ricevuto come presente un trapano a 36 punte, in grado di forare legno, cemento e metallo, dovrebbe dirci sul secolo in corso molte più cose di un manuale di sociologia. Abbiamo voluto la parità? Eccoci accontentate: non solo ci tocca pagarci la cena, rinunciare ai complimenti fuori moda, aprirci le porte e fare corsi di autodifesa, ora dobbiamo anche imparare a tassellare. Io sono a favore, com'è ovvio. Voglio imparare a fare tutto, voglio essere autonoma e indipendente. Anzi: lo sono. Mi sono dipinta da sola le pareti di casa. Sono lilla, le pareti, e con rullo e pennello ho ampiamente dimostrato di non aver alcuna difficoltà. Cambio lampadine con disinvoltura e sono dotata di discreto senso pratico. Che poi io decida di non metterlo in pratica, il mio senso pratico, è tutto un altro discorso. Certo che so fare buchi nei muri, magari potrei anche cambiare le gomme e intonacare; credo di poter addirittura riparare un frullatore, ma sono dell'idea che non sia affatto obbligatorio che io faccia sul serio tutte queste cose. Sono a favore dei ruoli, che siano intercambiabili e flessibili, d'accordo, ma che ci siano. Mi capita di sentirmi donna quando, una volta che ho imparato a fare i buchi nei muri, delego a un uomo la faccenda. Delego anche la cottura del brasato al barolo a dire il vero, ma con le torte sono più brava io. Quanto alla cena dipende: se usciamo insieme da due lustri possiamo anche fare alla romana, ci mancherebbe, ma se siamo al primo appuntamento sappi che ti stai giocando almeno un milione di punti.


PS. dimenticavo: il trapano di cui sopra non l'ho mai usato.

martedì 16 febbraio 2010

La virtù


Eccone un altro. Uno di quelli che finge indifferenza verso il sesso, mi guarda come fossi una musa marmorea, si crogiola di tenerezze e si scioglie in abbracci. Uno così... non so, non me la racconta giusta. Vien quasi timore di fargli male. Ma non può essere. Da un punto di vista strettamente fisiognomico per altro non ha niente a che vedere con quei maschietti che usano adesso, puttini, efebici e asessuati. No no, la mascella è troppo ben fatta, ha una parte appetitiva chiaramente sviluppata e sicuramente adeguata. Le mani si vede che sanno toccare, è evidente da come le muove. Solo che per qualche motivo adesso fa finta di niente, mi carezza una guancia e mi propone cinema e bicchiere di vino. Ieri sera mi ha baciata per venticinque minuti di fila sotto casa e, quando gli ho chiesto di salire, ha detto che non poteva perché doveva ancora dar da mangiare al gatto dei vicini. Tutta colpa di questa stupida eredità culturale che l'uomo del XXI secolo tenta di scrollarsi di dosso: basta col testosterone arrapato. Ribaltiamo i luoghi comuni. Come no. E questo qui adesso vuole farmi credere di non rientrare nella categoria, di essere sensibile soprattutto ai miei interessi musicali e alle mie preferenze letterarie. Che ci può anche stare, eh. Ma io sono a favore dei giochi di ruolo e delle rassicuranti messe in scena sessiste. Ad un certo punto, dopo che abbiamo chiacchierato di quanto siamo colti, ho proprio bisogno di sentirmi addosso occhi invasati dagli ormoni e dal desiderio, mica quelle pupille da branzino. E voglio che nei miei occhi si legga la stessa cosa, naturalmente mentre simulo una virtuosa inibizione.

Ora glielo dico che insieme ai fiori, i violini e le candele voglio anche un homo taurinus. Vediamo come la prende.


Ecco. Lo sapevo. Il solito porco.


lunedì 15 febbraio 2010

Succede che


a volte due cominciano
e pensano di giocare
poi finiscono
con lo strapparsi il cuore



lunedì 8 febbraio 2010

Le adolescenti calde



Sono calda, molto. Ho la febbre. Non è una licenza poetica per rendere il post un po’ più frizzante: sono malata davvero. Il che significa che sono in pigiama e questo pezzo è scritto sotto gli effetti imbarazzanti del paracetamolo. Ne sono solo parzialmente responsabile insomma e posso ritrattare tutto in qualunque momento.

Allora, com’è noto, avere l’influenza ti spalanca davanti ore intere di inerzia, di cui sarebbe facile, piacevole e godurioso servirsi, se l’influenza stessa non ti regalasse, oltre al tempo libero, anche dolori misti, occhi brucianti, temperatura rovente. In pratica, in queste ore di vacanza inaspettata non si riesce a fare niente di utile. Presa da alcuni sensi di colpa di natura accademica, ho iniziato almeno tre tomi diversi di critica letteraria, abbandonando l’impresa a cinque righe dall’inizio. Se intendo leggere devo trovare qualcosa di diverso. Già Vanity Fair, con tutta quell’attualità, è troppo complesso. Mentre mi guardavo intorno in cerca di un’occupazione pseudo-intellettuale ho trovato lui: una misteriosa copia di Twilight che mi faceva ciaociao dalla libreria. Ammetto che preferirei non interrogarmi sulle oscure dinamiche che hanno portato nel mio salotto un romanzo per adolescenti vogliose. Perché di questo si tratta, parliamoci chiaro. Io, Twilight, per motivi febbrili, antropologici e sociologici, tra ieri e oggi, l’ho iniziato, letto e finito. Vi riporto un brano: Poi si voltò, sorridendomi beffardo, e mi tolse il fiato. Anche lui indossava una camicia senza maniche, sbottonata, e la pelle bianca e liscia del collo scendeva tesa sul profilo marmoreo del petto; la muscolatura non più nascosta dai vestiti spiccava in tutta la sua perfezione. Una simile bellezza era troppo perfetta, mi resi conto con una fitta acuta di disperazione. Non era possibile che questa creatura divina fosse stata inviata proprio per me. Ecco, a partire da pagina 5 e per le successive 400, non c’è una sola pagina in cui non sia dedicato almeno un intero paragrafo all’avvenenza di Edward Cullen, ai suoi addominali sotto la maglietta, alle sua labbra perfette, alle sue mani sublimi e alla sua pelle invitante. Ora, pensate davvero che il successo di questo libro sia da ricondurre al fascino della figura del vampiro nella letteratura occidentale? Ma per favore. Il decoro del romanzo, descritto sul risvolto di copertina come “un romanzo per ragazzi”, è apparentemente salvo per il semplice fatto che Edward e Bella non consumano mai, nonostante lei non faccia che sbavargli addosso per 412 pagine. Ma lui, virtuoso, le resiste per il timore di farle del male. Salvo guardarla tutto il tempo, cito testualmente, come si guarda una cosa da mangiare. Adesso vi svelerò una cosa tutt’altro che segreta: le adolescenti pensano al sesso molto più di quanto non si dichiari in genere ad alta voce. Una sedicenne è in grado di pensare per giornate intere, con la costanza tipica della mente femminile, ad almeno settanta modi diversi di prendersi cura del corpo di quello che le piace. Si tratterà magari di modi un po’ goffi, di teorie ormonali in attesa di conferma empirica, ma saprà senz’altro dare prova di grande creatività in merito. Io me lo ricordo come passavo i miei pomeriggi nel 1997 e devo dire che i pensieri di Bella di fronte agli addominali del vampiro, in confronto, sono laudi mattutine. Ricordo anche che io e una mia amica avevamo creato un linguaggio in codice per parlare della questione al telefono senza che i genitori impallidissero origliando: quando ci chiedevamo reciprocamente “Hai studiato geometria ieri?” non stavamo affatto parlando del teorema di Pitagora.

Quindi, se avete figlie femmine adolescenti, con Twilight sul comodino, che passano al telefono un numero di ore sospetto a parlare di equazioni di secondo grado, fatevi delle domande.

mercoledì 3 febbraio 2010

Rubrica: Ventricoli Epistolari/2

Cara Mich,
non so se tu e i tuoi lettori mi potete aiutare, comunque la questione è questa: frequento un ragazzo da tre mesi, mi piace molto, ci sto bene e non vorrei dire quello che sto per dire... però mi sto diplomando in simulazione di orgasmi. Non ho mai avuto questo problema prima, il fatto è che lui è proprio un inetto, solo che non so cosa dirgli né come dirglielo...
Che ne pensi?

La tua amica Verrei-ma-non-posso


Cara Verrei-ma,
cosa diavolo aspetti? A smettere di simulare intendo. Perché scrivi a me e non scrivi a lui? Una lettera coi disegni e le indicazioni: caro amore, se tocchi qui e qui non succede niente, il gomito forse era una zona erogena per la tua ex ma a me se lo mordi dà fastidio. E questo ritmo lo so che te l'hanno insegnato nei film porno ma ti assicuro che nella realtà non mi porterà al piacere nemmeno in un milione di anni.
Se ne vale la pena naturalmente, se ci tieni e sei coinvolta secondo me è il caso di fare un tentativo. Magari il poverino è mal abituato da una ex a cui piacevano cose opposte a quelle che piacciono a te, magari invece si è formato sessualmente con una ninfomane che arrivava all'orgasmo con un'occhiata veloce oppure è proprio un imbranato professionista e tu puoi salvarlo dal baratro dell'inettitudine sessuale. Se non migliora rifatti viva e troveremo insieme una soluzione.
Adesso invece vai e divertiti.

lunedì 1 febbraio 2010

La scala C.

Il signor C. non è purtroppo un blogger e per il momento si limita a consegnare la saggezza delle sue riflessioni alla tradizione orale. Nel momento in cui deciderà di affidare la divulgazione del suo pensiero alla blogosfera ne troverete notizia nel mio blogroll, ma per adesso dovrete limitarvi al riassunto che posso darne io, viziato dalla necessità di sintesi ma fedele nella sostanza. Dunque, premetto subito che si tratta (apparentemente) di roba da maschi e il fatto che io ne sia portavoce fa di me una parziale complice, oltre che una sincera antropologa della questione. Lo scopo della Scala C. è quello di dividere l'universo femminile in 5 categorie basate esclusivamente sull'appetibilità sessuale. Il cervello, la personalità, la simpatia e altre simili amenità cerebrali non sono qui minimamente in discussione e intervengono nella valutazione in una fase successiva: quello che conta a questo livello è soltanto l'aspetto fisico.

Dunque, mutuerò di necessità parte del mio lessico dal signor C. e dai suoi approvanti sostenitori per tentare di darvi un'idea delle 5 classi:

5. Una figa paura, una gnocca stellare. Roba da rivista: nella realtà praticamente non se ne incontrano. È talmente bona che, anche se fosse una scema olimpica, si potrebbe prendere in considerazione l'idea di instaurarci una relazione (fermo restando che non è l'instaurarsi di una relazione lo scopo della Scala C.).

4. È una bella ragazza, proprio bella. Certo, ha un qualche difettuccio fisico. Roba di poco conto, si intende. Farsela rappresenta senz'altro una botta di classe, cose che puoi raccontare in giro con un certo orgoglio insomma. La sua bellezza la renderebbe, in caso, persino adatta a una relazione.

3. Una ragazza carina. Ma la somma dei difettucci che si porta addosso si fa troppo evidente per poterle dare un punteggio maggiore. Naturalmente, anche se le mancano i punti per un passaggio di categoria, una trombatina per svago ci può stare tutta.

2. Questa qui è una ragazza mediocre, anche bruttina. Spiace dirlo, ma farsela rappresenta un problema. Non è insomma una che puoi invitare fuori pensando a cuor leggero di finire la serata aggrovigliati da qualche parte. Bisogna però dire che, nelle adeguate condizioni di luce e alterazione psichica di natura possibilmente chimica, può capitare di farci del sesso.

1. Un cesso. Una che proprio non si può guardare, tanto meno pensare di farsela. No no. Nemmeno col famoso cuscino sulla faccia. Questa qui no.

Tolti di mezzo i dubbi di natura femminista, che né a me né al signor C. interessano, data la natura prettamente e dichiaratamente fisica della sua analisi, la prima riserva che ho tentato di muovergli riguardava la rigidità di questa classificazione: anche ammettendo la buona fede e l'imparzialità dell'occhio giudicante, 5 classi mi sembravano francamente pochine per inquadrare la complessità dell'universo femminile. Ma il signor C. su questo è irremovibile e, alla mia obiezione, argomenta come segue: molto difficilmente un uomo (inteso come maschio) penserà che cinque categorie siano poche. Al contrario, è altamente probabile pensi siano troppe, dato che, in genere, si limiterà ad applicare una parametrazione binaria: “si può fare” – “non si può fare”. Dal che, resto convinto che la ripartizione in cinque classi costituisca un buon compromesso tra le valutazioni degli organi cerebrali femminili e quelle degli organi genitali maschili.

All'atto pratico, in una qualunque serata in giro per locali tra me e il signor C., è risultato evidente che, nonostante io sia volentieri animata da una perfida e invidiosa competizione nei confronti delle altre donne, ero in generale piuttosto generosa nella classificazione, mentre il signor C. tendeva ad assegnare al massimo un 3e mezzo, considerandolo per altro un ottimo punteggio.

Qualcuno deve dirlo al signor C., comunque, che certe donne ingannano: bastano un po' di trucco e un push-up da urlo per passare dall'1e mezzo al 3 pieno in meno di venti minuti. Bisogna anche dire che quasi tutte, quando apriamo agli occhi, non superiamo il 2-.