domenica 28 ottobre 2012

Il mio regno per qualcuno che venga a farmi il cambio di stagione



Ho rimandato di settimana in settimana, per pigrizia, finché l’allerta meteo, dalla quale mi faccio coscienziosamente terrorizzare, non mi ha convinta: questi shorts a quadretti azzurri mi assicureranno una colite se non mi decido a sostituirli con un dolcevita in lana vergine. Devo cambiar la stagione al mio armadio. 

L'abito in lino rosso di mich
È un’espressione che usiamo troppo spesso senza renderci veramente conto della poesia che nasconde. Ci facciamo per qualche ora padroni del tempo e imponiamo alla stagione di mutare in qualche angolo della nostra magione: l’armadio, per l’appunto. Se uno ci pensa per un attimo quasi si scorda del tormento che lo attende, preso com’è da fantasie di onnipotenza planetaria. Ma la realtà dell’esplosione di magliette stropicciate, vestitini che “poi li lavo” e stanno lì su una sedia da luglio e tshirt di traverso nei cassetti si fa presto largo alla nostra vista. Io procedo ormai in automatico, senza darmi modo di riflettere se sacrificare o meno qualcosa da una transumanza all’altra in questo rito stagionale.

Perché tutti ci troviamo a un certo punto faccia a faccia con lui, il vestito che non mettiamo da un secolo o due ma del quale è impossibile pensare di privarsi. Il mio vestito estivo in-sacrificabile l’ho appeso a una porta e l’ho guardato a lungo. Lo possiedo da lustri e non lo metto da almeno tre anni, ampio in lino rosso, tocca in terra da quanto è lungo. Ogni sei mesi lo tiro fuori e poi lo risistemo dentro, con le pieghe ancora intatte, pensando che prima o poi mi verrà voglia di indossarlo ancora.

Ce l'avete anche voi vero il vostro abito feticcio? 

giovedì 11 ottobre 2012

Tiro al bersaglio



Il bersaglio di mich

Le persone se ne vanno in giro con un bersaglio sulla schiena. Tutte. È indispensabile alle dinamiche della reciproca conoscenza. Solo che qualcuno non lo sa, di averlo; alcuni, misantropi, lo nascondono sotto strati di maglioni; mentre altri, i più sfacciati, lo tengono ben posto in evidenza. È questione di predisposizione, di attitudine al confronto e alla socializzazione.

E come le colpite voi le persone? Voglio dire, quando vi interessa qualcuno riuscite a trasmetterlo, vi affidate all’improvvisazione oppure calcolate la strategia con perizia? Pare che le strategie non vadano più di moda e che l’approccio jazz sia in genere il più efficace. Mi piace crederci e mi annoiano le persone che prendono la mira. 

Per colpire me, comunque, fate piano.

domenica 7 ottobre 2012

Mal comune un par di palle



Sono convalescente. Ma non lo sapevo fino a qualche giorno fa. Fino a qualche giorno fa ero convinta di essere guarita, di poter far finta di ignorare il problema, di star benone insomma. Poi ha cominciato a piovere. Dopo un’ora esatta di pioggia battente, un calo deciso della pressione atmosferica e un aumento improvviso dell’umidità nell’aria, qualcosa all’altezza della mia cervicale ha fatto cric. Un cric silenzioso e oscuro, con il quale faccio i conti ogni minuto di ogni giorno da una settimana precisa. Soffrendo. 

Millanta persone convivono con il mal di schiena e la quantità di iniziative pubblicitarie che promuovono antidolorifici, antinfiammatori e cerotti affini mi fanno capire che non ho affatto l’esclusiva su questo male. Ma sapete che vi dico? Io al mal comune mezzo gaudio non c’ho creduto mai. Mai mai,  manco per un istante. Per quale diavolo di motivo dovrei trovare qualche forma di consolazione nel condividere una qualsiasi sofferenza con il resto del mondo? Senza contare il fatto che per narcisismo violento e parossismo egocentrico tengo moltissimo alle esclusive, in qualsiasi forma scelgano di manifestarsi.

Ad ogni modo io, con il compiacimento tipico dei forti dolori e ormai incline all’autodiagnosi, assumo con regolarità tizanidina, paracetamolo e codeina. Il tutto con un contorno di fave e un buon bicchiere di Chianti.