lunedì 16 novembre 2009

Se non ne parli ad alta voce non esiste


Quando cedi alla tentazione di dar voce ai pensieri è un casino. Dar voce in senso fisico intendo, oralmente, non conta la parola scritta. Dar voce dal vivo, con un interlocutore che interviene in tempo reale, che potrebbe dire la sua e portare la tua parola altrove, ripensandoci in tua assenza, citandola nelle conversazioni, in una diramazione inarrestabile di mi hanno detto che gli hanno detto che mich ha detto. Se facessero la stessa cosa con queste parole qui, belle composte e scritte, sarebbe molto diverso: sono certo interpretabili, d’accordo, ma sono immodificabili, se torni a leggerle fra un mese saranno formalmente uguali. Con la parolaparlata non funziona così e ci si espone con un controllo inferiore: non puoi rileggerti, non puoi riformulare, non puoi fermarti a metà per dire che no, non volevo dire quello che ho detto. Naturalmente trattasi, appunto, di una tentazione cui si finisce per cedere, perché scambiarsi dal vivo parole (che non è parlare con) è bello, è divertente, è impegnativo ma ripaga con generosità della fatica che costa saperlo inventare. Ci troviamo così, a volte senza averlo nemmeno preventivato, a parlare e dar forma fisica a concetti altrimenti esistenti soltanto dentro al nostro cervello o sulle pagine di un taccuino, più o meno virtuale. Il che significa che non esistono, perché prendono realmente forma nello scambio e nella condivisione. Non si tratta necessariamente di pensieri altamente filosofici o di capitale importanza teorica, anzi, a volte si tratta di banalità, di considerazioni semplici, di piccole cronache del quotidiano. Ma una volta che le hai dette ad alta voce iniziano improvvisamente a prendere corpo, ti stanno di fronte e le puoi guardare come estranei, come altro da te. Non ti appartengono più. Io sono molto gelosa delle mie parole, anzi: sono possessiva, che è diverso. Sono mie solo se le ho scritte: vengono lette e iniziano a vivere di vita propria, d’accordo, ma in realtà continuano in un certo senso a restarsene lì, ferme nella loro sintassi. Quando invece le ho parlate regalo loro da subito l’indipendenza. È un regalo che faccio volentieri, ma non spesso.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Io, come te, ho un rapporto strano con le parole parlate... Perché forse, in un certo senso, ci rendono vulnerabili.

E questa idea delle parole regalate è davvero bella. Perché bisogna essere generosi anche in questo, indipendentemente da cosa decide di farne chi le riceve. Credo.

nandina ha detto...

io questo regalo lo faccio troppo spesso, mi pare. Ma col passare del tempo sto cominciando a capire quanto sia più difficile parlare che scrivere, proprio per quel senso di "perdita di controllo" su quelle parole che hai appena pronunciato. Ci sono molti poi che parlano come scrivono, cioè senza lasciarsi deviare dall'interlocutore, ma si tratta di egocentrici patologici... forse... ;-)

ndr ha detto...

tendo a fare, ovvero, a dire e scrivere cazzate, in ogni caso. quando parlo, scrivo a, qualcuno. e parlo poco, sì, ma non perché, ma è solo che non ho davvero niente da dire, la maggior parte delle volte. comunque. va beh. sì, indipendenza. un regalo. un gran bel regalo. mettersi in gioco, un po', no?
accettare l'altro, credo, nei propri pensieri. bello. credo.
grazie, perché mi hai fatto pensare.
(-:

ndr

Lindalov ha detto...

L'altra sera chiamo al pizzaiolo sotto casa
-"Una napoli con rucola, perfavore, nome e cognome"
-"Sì, ma per le nove"
-"Va bene"

Arrivo puntuale e mi dà una napoli con bufala.
-"l'ho chiesta con rucola, é un anno che la chiedo uguale"
-"Senti, però io non te la rifaccio ora, ti do questa."
-"Sì, mi ci metta la rucla. Le devo mica dare una differenza?"
-"Sì, un euro e cinquanta."
-"Io l'ho detto per pura formalità ma la differenza non gliela do, sennò mi rifà la pizza che ho chiesto"
-"Allora Tieni vai... toh, la pizza... vai vai.. vai a casa"

Esco. Da dieci metri la sento urlare "che quella cretina me l'ha chiesta con la bufala e non la vuole pagare"

Cazzo! Aspetta mò, che rientro. Torno indietro, la pizzeria é stra-piena di gente. Le dico che é bugiarda e maleducata e me ne ritorno indietro.

Poco fa, ai miei coinquilini, sia lei che suo marito, il pizzaiolo, riprendono il discorso dicendo che io ho inveito contro senza motivo. Loro non mi avevano detto assolutamente niente. Che me la sono presa senza motivo.

Vedi, ora io leggendo il tuo post, sento la necessità di dire che le parole non servono con certa gente, nemmeno scritte.
Solo tante mazzate sulla schiena finché non implorano perdono.

La vita é piena di figli di puttana, ipocriti, ladri e falsi.

(son polemica, ho la suina, 38 di febbre :D)

Gary Coopo ha detto...

azz, credo che l'argomento occuperebbe un intero corso a scienze della comunicazione ..
Due cose completamente diverse direi, nemmeno complementari forse, proprio due mondi a se' stanti. In ogni caso per quanto mi riguarda la comunicazione scritta e' una bazzecola rispetto al dialogo vis a vis.. figlia di un dio minore

ps - la transitivizzazione dell'intransitivo che adotti efficaciemente (parlare le parole) fa molto torinese :)

mich ha detto...

@ laura, già... ma hai presente la fatica? già solo confezionare il pacco regalo mi porta via giornate intere

@ chi parla come scrive mi mette sempre un po' in sospetto: diffidare! dovrebbero esserci anni luce di distanza tra le due comunicazioni

@ ndr accettare l'altro nei propri pensieri e anche che l'altro ci accetti nei suoi: roba d'altri tempi, difficilissima nonostante l'apparente ovvietà

@ lindalov, adorata, con certa gente né parlate né scritte, ma solo tante mazzate. come hai ragione (con e senza febbre)!

@ gary, quello sulla torinesità lo prenderò per complimento! quanto all'argomento... eh, lo so che è vasto, non facile da esaurire in mezza cartella a scopo ludico. diciamo che mi piaceva proporre qualche spunto

Spinoza ha detto...

La parola parlata ha però un innegabile vantaggio: puoi rimangiartela e conservare ancora una parvenza di credibilità...

Anonimo ha detto...

LA PAROLA SCRITTA SI PUÒ CORREGGERE PRIMA DELLA "STAMPA", SCRIVENDO RILEGGI E RIFLETTI, INVECE PARLANDO SPESSO LE PAROLE TI ESCONO SENZA UN VERO RAGIONAMENTO "RAGIONATO" E SOVENTE MI CAPITA DI CHIEDERMI: "MA COME MI E' USCITA QUESTA?". POI TI DICONO DI AZIONARE IL CERVELLO PRIMA DI PARLARE, MA SE TU HAI UN CERVELLO LENTO, NON E' CHE PUOI INTERVENIRE SU UN DISCORSO O RISPONDERE AD UNA DOMANDA DOPO DIECI MINUTI...

splendidi quarantenni ha detto...

Credo ci sia la stessa differenza tra un disco e un'esibizione live. L'emozione cambia.

Anonimo ha detto...

(lo Splendido ha scritto una cosa tanto tanto bella! magari l'esibizione live non sarà impeccabile ma vuoi mettere l'emozione che vibra con la voce?)

mich ha detto...

@ spinoza, sei anche tu un cultore del "sono stato frainteso"?
;)

@ anonimo: "ma come mi è uscita questa?" è praticamente un must, per questo tendo a mordermi la lingua prima che sia troppo tardi...

@ splendido, la vuoi una serenata?

@ laura, vieni con me sotto al balcone dello splendido?

m ha detto...

Parole parlate e parole scritte, le prime sono più sanguinee, ma lasciano anche meno spazio all'immaginazione. Comunque sono d'accordo, vuoi mettere come stanno bene due mani sul collo dell'interlocutore dopo che ti ha fatto girare le scatole? Su un libro no lo potresti fare.

mich ha detto...

@ m: c'è da dire che con certi libri le mani attorno al collo dello scrittore le metteresti volentieri