E’ successo anche a me. Tanti anni fa, in un periodo rimosso della mia infanzia: avevo 11 anni e sono stata mandata in colonia. Ancora mi sfugge cosa spinse i miei genitori a spedirmi per due settimane sulla Riviera Adriatica, cosa che all’epoca assunse i contorni precisi e ingrati della punizione. Avete presente di cosa sto parlando? Sì, le colonie. Quei soggiorni per bimbetti (6-11 anni) che certe aziende propongono ai figli dei dipendenti a prezzi popolari. L’azienda cui mi riferisco io… insomma, si potrà fare il nome? Diciamo una grande casa automobilistica italiana. Dicevo, l’azienda cui mi riferisco io aveva pensato a tutto: partenza all’alba di un mattino di luglio con pullman GT stipati di infanti inconsolabili, animatrici sadiche, spiaggia privata. Il sadismo delle animatrici all’epoca non mi era chiaro, o meglio: non avevo ancora gli strumenti per classificarlo come tale. Ma qualcosa di anomalo stava accadendo. Nella struttura, un edificio enorme su quattro piani, la distinzione era tanto ovvia quanto necessaria: i maschi da una parte , le femmine dall’altra. La promiscuità era interdetta sotto ogni punto di vista e l’integrità delle preadolescenti preservata con ogni mezzo. Il primo di questi era eliminare qualunque abbozzo di identità sessuale: tutti i partecipanti dovevano partire senza nient’altro che quel che avevano indosso. Una volta arrivati e suddivisi nei gruppi (tra parentesi: dodici gruppi di circa 60 elementi ciascuno, per un totale di oltre 700 bambini) iniziava il rito della divisa: in ordine alfabetico, in un camerone, a turno bisognava andare dalla capo animatrice, spogliarsi integralmente, di fronte a tutti, dichiarare cosa portavi con te (mutande rosa, salopette di jeans, scarpe da ginnastica), avvampare per la pubblica nudità imposta, lasciare che mettessero tutto dentro un sacco col tuo nome scritto sopra e prendere quel che ti davano: mutande ascellari, pantaloncino, maglietta a righe orizzontali, sandali di gomma, dentifricio, spazzolino, saponetta. Poi andavi nel letto che ti era stato assegnato e aspettavi immobile che arrivassero nuovi ordini. La nudità si ripeteva ogni mattina: tra la colazione e l’uscita per il mare era obbligatorio mettersi in fila nel solito camerone con le mutande in mano, in cambio delle quali ricevevi il costume da bagno. Francamente mi sfuggono le ragioni di tanto incomprensibile rigore nudista, anche se posso immaginare che questa ritualità contribuisse al mantenimento dell’ordine e della disciplina. L’incontro con i maschi, dei quali io ricordo bene Marco, 11 anni, occhi azzurri e capelli biondi, purtroppo mai più incontrato, nemmeno su Facebook, era limitato agli spazi comuni: la mensa, la spiaggia, la piscina.
Ecco, è qui che avvenivano i primi timidi approcci infantili, palestra emotiva grazie alla quale ho potuto affrontare con animo ben diverso i successivi Centri Estivi (11-15 anni), dei quali la grande azienda automobilistica non si occupava più. Se ne occupavano allegre cooperative di buontemponi hippies e, ormai adolescente, ricordo che mi divertii molto.
13 commenti:
ora attendiamo la cronaca dei centri estivi hippies
grazie
Io non sono mai stata in colonis.... ms ho delle foto dei miei genitori da piccolini e la divisa è identica!! :)
A presto...
Eppure, Mich, leggendoti sento che questa cosa della colonia mi manca...
Sono esperienze che ricordi perché fanno parte di quello che sei, credo.
E "la prima palestra emotiva" mi sembra assai bello.
La chiusa sembra il trailer della prossima puntata. Ben più piccante...
Tenero e fantozziano.
E non preoccuparti. (-;
@ domi, nei centri estivi hippies maschi e femmine venivano divisi solo sulla carta
@ princesse, pensa che io non dovrei avere l'età dei tuoi genitori, questo significa che la divisa è rimasta immutata molto a lungo!
@ laura la palestra emotiva è l'unica per la quale ho fatto l'abbonamento
@ splendido, ho una passione per i trailer
@ lorenZo, molto fantozziano (e ho risparmiato la descrizione delle camerate)
@ ndr, sono un animo sensibile in fondo
Piaciuto molto (il libro. Lo sapevo che eri tu! Da prima di).
Riguardo l'animo sensibile, in fondo. In fondo. Suvvia. Comunque. Le colonie estive, no. Però ricordo anni in cui, se provavamo a contarci, beh, arrivavamo a una 50ina di ragazzi e ragazze. Della stessa zona di spiaggia, che tiravamo su la rete da beach volley sempre meglio, di anno in anno, a giocare quelle 5-6 ore al dì. Un paio di volte riuscimmo persino a trovarci, quasi tutti, extra-estate, a Firenze (e va beh, molte/i erano fiorentine/i). Una gita scolastica, si fa per dire. Già. Eh. Son cose.
Miezzeca, mi fai preoccupare!
Causa impegni lavorativi io & la consorte abbiamo deciso di iscrivere il Piccolo Buddha ad un Colonia Estiva. ;-/
Sperem ben.
Saluts
Ps- Riviera Adriatica?? Where??
Ma per fare la doccia vi piazzavano nude contro un muro, per poi lavarvi con un lancia idrica puntata addosso?
@ superfly ehm... roba dei primi anni Novanta, senz'altro adesso i metodi saranno diversi ;-)
Riviera riminesca: Igea Marina
@ fabietto, sì! c'eri anche tu??
e vabbè, se già senza colonie estive sono diventata un'adulta così incasinata, non voglio nemmeno immaginare cosa sarei diventata se ci fossi andata!
grazie mamma grazie papà, per una volta avete azzeccato qualcosa :)
sun
Ma che era Alcatraz??? O_o
E pensare che da piccolina avrei tanto voluto andarci, ma i miei non hanno mai voluto mandarmi: santi subito!
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